Da Carosello a Google Italia, la storia dello Storytelling
L’universo non è fatto di atomi, ma di piccole storie.
Muriel Rukeyser
Lo storytelling o più semplicemente la narrazione di storie, nonostante l’attenzione che ha suscitato negli ultimi tempi, è una tecnica adottata in comunicazione già prima della nascita della scrittura. Si basa sull’applicazione, nella comunicazione aziendale, dei principi tipici del “racconto” e sull’adozione delle tecniche relazionali per coinvolgere il pubblico.
Nella “preistoria dell’uomo”, chi era considerato abile come narratore, solitamente una persona molto influente come il Sacerdote, il Giudice o il Sovrano, acquisiva potere e rispetto da parte dei membri del clan.
Le prime narrazioni sono servite a giustificare, attraverso storie mitiche o epiche, l’unione di persone o di clan diversi.
I racconti sono una parte integrante della nostra cultura. Film, libri, musica, religioni, nuovi media e pubblicità, sono solo alcuni degli ambiti nei quali la narrazione svolge un ruolo primario. La mente umana è abituata dalla nascita all’ascolto e all’apprendimento di storie: attraverso le fiabe, i bambini imparano determinati costumi e apprendono i valori integranti della cultura di appartenenza.
Una storia ben raccontata porta lo spettatore all’immedesimazione totale e fa crollare le sue difese emotive.
La narrazione ha la forza di trasportare gli esseri umani in un ambito immaginario in grado di suscitare emozioni così intense da avere effetti considerevoli sulle opinioni e sui comportamenti.
Il primo caso di successo nel marketing moderno, in Italia, risale a metà del secolo scorso.
Per aggirare i limiti della raccolta pubblicitaria sulle reti televisive, dal 1957, ha preso piede nel nostro paese un nuovo format, originale mix tra programma per bambini e nuova forma di “product placement”, Carosello.
Al di là delle critiche, a volte legittime, verso questo programma, il successo indiscusso che ha ricevuto deriva, non soltanto dall’utilizzo dell’animazione e dal rinnovamento del linguaggio televisivo, ma soprattutto dall’inclusione della réclame, in un contesto insolito e percepito come gradevole dal pubblico. O, per dirla meglio, dalla costruzione di un intero palinsesto intorno a prodotti commerciali, che sono solo nominati e rimangono in secondo piano.
Spesso, la pubblicità più efficace è quella che nasconde il suo obiettivo, la vendita. Quella che mostra il prodotto senza apparenti fini commerciali, mettendo in luce i punti di forza e connotando il Brand con valori condivisi dal target. In questo, Carosello, anche grazie alla collaborazione di registi, attori, disegnatori e pubblicitari di grande fama, è stato un caso esemplare.
I pubblicitari dei giorni nostri si servono dello storytelling come antidoto alla sovraesposizione ai messaggi pubblicitari. Oltre alla differente percezione di un “racconto di marca”, rispetto a una classica comunicazione pubblicitaria, le storie hanno un potere virale veramente forte.
Altro caso di successo la campagna di Google Italia, che in un video emotivo sulla vita di un neo papà, mostra come alcuni dei suoi prodotti possano contribuire a migliorare la vita di questa figura.
Il meccanismo è molto semplice: i problemi comuni che il protagonista della storia deve affrontare, sono presentati in modo così coinvolgente ed emozionale, che lo spettatore, immedesimandosi nel neo papà, ha una percezione decisamente migliore dei servizi Google che ne agevolano la soluzione.
Con The Network Effect, la Cisco, nota azienda informatica e di telecomunicazioni, ha voluto raccontare la storia delle reti informatiche e del web, il suo principale settore di competenza.
Il potere evocativo e persuasivo del messaggio è rappresentato emblematicamente in una frase del video: Bringing Power to the People.
Questa espressione dimostra la forza dello storytelling: il passaggio dai benefici tangibili e intangibili del prodotto, a valori e significati ben più ampi e condivisi, veicolati attraverso un racconto.
Una delle più affascinanti teorie sullo storytelling è quella espressa da Kevin Robert, personaggio eccentrico a capo di una delle più note agenzie pubblicitarie della storia, la Saatchi & Saatchi.
Secondo la teoria dei Lovemarks, occorre strutturare la relazione tra Brand e pubblico come una storia d’amore, facendo leva su sentimenti quali il rispetto, l’empatia, la complicità e l’amore. Per instaurare questo singolare rapporto d’intimità e fiducia, e rafforzarlo nel tempo, è fondamentale trattare il Brand come una persona e descriverne la storia come in un racconto.
Le persone, identificandosi nelle vicende e nei valori alla base delle narrazioni sul marchio, tendono a stabilire un legame più profondo con le aziende, superando le ordinarie considerazioni di carattere razionale sul prodotto.
Per Kevin Roberts, come per la maggioranza dei marketer moderni, raccontare storie è una delle attività imprescindibili per un brand di successo. Ma per guadagnare davvero la fiducia e, in ultimo, l’amore dei propri “lettori”, è necessario che lo storytelling sia ben studiato e calibrato sulla base del target di riferimento.
Affronteremo nuovamente il tema dello storytelling, dal punto di vista operativo, in un prossimo articolo.
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